FREETYPE DI LORENZO MARINI. LA MOSTRA AI MUSEI CIVICI DI PALAZZO BUONACCORSI DI MACERATA E AL POLITEAMA DI TOLENTINO DAL 15 SETTEMBRE AL 14 NOVEMBRE

Dal 15 settembre al 14 novembre i Musei Civici di Palazzo Buonaccorsi di Macerata e il Politeama di Tolentino presentano la mostra “FreeType” di Lorenzo Marini, curata da Sabino Maria Frassà.

Nell’ampio e variegato calendario di mostre ed eventi, il Comune di Macerata e la Fondazione Franco Moschini, con questa mostra invitano a riflettere sulle molteplici possibilità di interazione offerte dal Contemporaneo.

L’artista milanese, nel definire le linee programmatiche del suo manifesto, dichiara apertamente che è necessario “liberare le lettere dalla loro funzione” ponendo attenzione alla forma del carattere che prima di essere segno è immagine. Su questa idea propria della storia e della filosofia dei linguaggi lavora Marini, pubblicitario affermato e artista formatosi sotto l’egida del grande maestro Emilio Vedova, tra i principali esponenti del Novecento italiano.

Dopo aver esposto a Los Angeles, New York, Parigi, Dubai e in molte altre città nel mondo, Lorenzo Marini ha creato per le Marche inediti che esplorano l’utilizzo delle lettere e del colore in opere mixate con media differenti facendo riflettere sulle modalità di comunicazione dettate dalla ricerca di nuovi caratteri alfabetici fondati sulla giocosa concettualità dell’artista.

FreeType è una mostra presentata grazie alla collaborazione tra i Musei Civici di Palazzo Buonaccorsi e il Politeama di Tolentino con il sostegno della Regione Marche e rappresenta un’innovazione per la condivisione tra due realtà artistiche della stessa provincia; un invito alla circolarità dell’arte e all’interscambio culturale che vuole abbattere le barriere localistiche e globalizza le esperienze.

La mostra sarà inaugurata mercoledì 15 settembre alle ore 17,30 ai Musei Civici di Palazzo Buonaccorsi a Macerata e giovedì 16 settembre, alle ore 18, al Politeama di Tolentino, si terrà un incontro con l’artista.

Musei Civici Palazzo Buonaccorsi Macerata Via Don Minzoni, 24
Orari:
SETTEMBRE dal martedì alla domenica, 10.00 – 13.00 / 15.00 – 19.00
OTTOBRE dal martedì alla domenica, 10.00 – 13.00 / 14.30 – 18.30
NOVEMBRE dal martedì alla domenica, 10.00 – 13.00 / 15.00 – 17.30
Info: 0733 256361 info@maceratamusei.it

POLITEAMA Tolentino (MC) Corso Garibaldi, 80Orari:
Giorni Feriali 10-13 e 15-20
Sabato e domenica: 16-20
Info: 0733 968043 info@politeama.org
L’ingresso alla mostra è gratuito

 

Lorenzo Marini presenta le sue lettere liberate nelle Marche, scegliendo Macerata come città simbolo di questa regione. Lo fà nel prestigioso palazzo Buonaccorsi dialogando tra le contemporaneità delle opere e la classicità dello spazio che le ospita. Dal 15 settembre al 14 novembre 20 opere saranno esposte ai musei civici e altrettante al Politeama di Tolentino. “Non posso esporre nelle Marche senza dimenticare la città che mi ha visto come direttore artistico della Biennale dell’Umorismo molti anni fa” afferma Lorenzo Marini.

Dopo Los Angeles, Venezia e Siena, Macerata ospita una mostra che celebra il percorso artistico dell’artista che ha fondato la corrente artistica della “TypeArt”, liberando definitivamente le lettere dalla schiavitù della funzione. Come sottolinea

il curatore Sabino Maria Frassà “L’arte per Lorenzo Marini è un percorso di catarsi volto a trovare la Parola. L’arte per Lorenzo rappresenta quindi quel senso, che ha riempito e riempie ogni giorno la nostra vita quotidiana”.

Lorenzo Marini commenta così l’importanza di questa mostra e racconta il suo legame con Macerata. “Come l’arte contemporanea vive di contaminazione così Macerata vive tra il passato ed il futuro, l’università e l’accademia, la tradizione e l’innovazione, l’estetica e l’etica. La mia ricerca sulle lettere vuole portare un linguaggio che solo gli occhi di chi parla riescono a connettere, lasciando su ogni opera tracce di cartoon, fotografia, grafica e illustrazione. Per me le lettere sono nate libere e come gli uomini sono creature sociali ma anche individuali. È tempo di celebrare la bellezza della geometria che le compone e lasciare il gregge della tipologia alfabetica. Non sono necessarie solo per leggere o per scrivere, ma anche per alimentare la fantasia”.

Le 20 opere in mostra ripercorrono questo mixed-media costante, e altrettante contaminazioni visive si trovano nelle 20 opere esposte al Politeama di Tolentino. La mostra viene anticipata nel centro storico di Macerata e nell’atrio di palazzo Buonaccorsi con sei “obelischi contemporanei”, realizzati da Guzzini, che diventano totem di comunicazione, segnali verbo-visivi, sculture urbane.

 

LORENZO MARINI

Lorenzo Marini è un artista italiano che vive e lavora fra Milano, Los Angeles e New York. Marini ha frequentato l’Accademia di Belle Arte di Venezia con Emilio Vedova, ma si è laureato in architettura e ha lavorato con successo nel mondo della pubblicità per trenta anni. Nel 2016 Marini ha un’intuizione artistica che lo porta a celebrare la bellezza delle lettere. Nel 2017, forte di questo successo, crea il “Manifesto per la liberazione delle lettere” diventando, di fatto, il caposcuola di una nuova forma d’arte: quella di dedicare ad ogni singola lettera dell’alfabeto un’opera, liberando così le lettere dall’obbligo della funzione, per celebrarne la pura bellezza intrinseca. Le opere pittoriche di Marini possono essere lette come la traduzione in contemporary art di campagne pubblicitarie, con una rigorosa logica degli spazi e degli equilibri, nella sua prima ricerca sui Visual. Così come possono essere lette come un pensiero rivoluzionario sulla bellezza pop dell’alfabeto contemporaneo, in questa seconda fase artistica.

 

L’ALFABETO DEL FUTURO DI LORENZO MARINI

Il futuro ha un suo alfabeto” scriveva Lorenzo Marini quasi vent’anni fa nel suo romanzo più celebre “L’uomo dei tulipani”. Solo gli artisti più sensibili riescono a comprendere e a trasformare in immagini e opere d’arte questa serie ordinata di segni presenti nella realtà che scrivono oggi il nostro domani. Come sarà il nostro futuro? Lorenzo Marini negli anni sembra raccontarci un futuro in cui il tema della ricerca di libertà è sempre più centrale. Lorenzo Marini da tutta la vita aspira alla libertà assoluta, consapevole che sia una tensione umanamente non raggiungibile.  A pensarci bene proprio l’idea di futuro inteso come ricerca di libertà è il vero filo conduttore di tutta la sua carriera all’insegna di un sempre riuscito equilibrismo tra forma e contenuto, tra regole e creatività, leggerezza e gravità.

Brillante alunno di Vedova, Lorenzo Marini arriva al successo negli anni ‘80 attraverso l’unione dell’immagine alla parola nei fumetti e negli slogan pubblicitari. Alla fine degli anni ‘90 arriva il successo letterario con L’uomo dei tulipani dove l’arte e la pittura sono protagonisti. Con il nuovo millennio arriva l’inarrestabile ascesa sulla scena dell’arte contemporanea italiana attraverso il Manifesto della Liberazione delle Lettere, che lo consacra a livello internazionale e che diventa di ispirazione per tanti artisti in tutto il mondo: ‘Le lettere sono nate libere e come gli uomini sono creature sociali, ma anche individuali. E’ tempo di celebrare la bellezza della geometria che le compone e lasciare il gregge della tipologia alfabetica’ scriveva al riguardo Lorenzo Marini nel 2017.

Del resto Lorenzo Marini ha compreso con il tempo e un continuo lavoro di meditazione che l’essere umano si crea spesso gabbie, ma che sia anche in grado di trovare in tali gabbie le chiavi per evadere. Complice l’approfondita conoscenza tanto per il dadaismo quanto per del futurismo, Lorenzo Marini comprende così che il bianco delle prime opere era diventato una prigione, un’inutile autolimitazione: non è il colore l’elemento distonico, quello che sembra non funzionare più è l’unione tra forma e contenuto in tutte le forme di linguaggio e comunicazione.  Ciò che non funziona più a ben vedere è la “parola” intesa come unità fondante del linguaggio e della comunicazione. Contratta, stravolta dalla frenesia, dallo sviluppo socio-tecnologico la parola non spiega più l’immagine, ma ha bisogno dell’immagine per esser decodificata. Lorenzo Marini allora sintetizza

e porta all’estremo l’impulso dadaista, scarnificando la parola alla ricerca dell’essenza della comunicazione, le lettere. Avvicinatosi alla cultura orientale e al culto della calligrafia, volge così la sua ricerca artistica alla semantica, alla relazione fra i segni e concetti a cui si riferiscono. Con l’avvento dell’immagine tale relazione va ripensata e/o ricodificata: nascono alfabeti composti da loghi in cui forte è il rapporto semantico. Ma l’artista va oltre e porta all’estremo il tentativo intrapreso nel 1987 dal noto artista-calligrafo cinese Xu Bing di scardinare la “vecchia” scrittura: da prima supera l’ordine alfabetico e poi si spinge nelle ultime opere a privare le lettere di qualsiasi rapporto semantico, vedendo esse come puri simulacri di forma. Lorenzo Marini libera le lettere dal fardello millenario di essere portatrici di senso: alla “L” rappresentata con i libri preferisce oggi una “L” rappresentata con un calzino: non vi è più alcuna relazione tra significante e significato, ma “solo” una vicinanza di forma, che determina un nuovo (impossibile?) alfabeto.

Non è casuale che tale tensione alla libertà “delle” e “dalle” parole arrivi dopo anni di disciplinata arte del comunicare. E’ proprio l’arte visiva che permette all’artista di ricomporre la dicotomia tra forma e contenuto trasversale in tutta la sua carriera. Oggi Lorenzo Marini non nega mai nelle sue opere la comunicazione, semplicemente ha la lucidità per prendere atto di come i tempi che sono e che saranno vivono di prime impressioni ed emozioni generate da un’empatia che non arriva solamente attraverso il contenuto, ma che ha l’urgenza di nuove forme.

E’ innegabile che viviamo nella velocità della forma e, se si vuole comunicare, bisogna comprenderlo: il vero artista è colui che riesce a governare la velocità della forma senza semplificare o peggio ancora banalizzare il proprio linguaggio, ma per arricchendolo attraverso un’inedita completa fusione di forma e contenuto. L’estetica proposta da Marini travalica così quella siepe che attanaglia ancora il nostro vivere e modo, spesso passatista, di concepire la realtà: oggi più che mai c’è una necessità fisica di muoversi, di guardare al futuro anche attraverso un’arte sempre più trasversale e olistica. “E come il vento” di Leopardi, anche in Marini la forte la tensione alla libertà si manifesta nel quieto movimento dell’aria, un movimento corale, più ideale che reale: le opere più recenti – digitali e non – si animano non a caso di lettere quasi astratte, fusione di forme e loghi, distorti dal movimento di un vento ideale, un brivido che sta percorrendo sempre di più il nostro vivere e che dovremmo imparare ad ascoltare. Il futuro non è il passato ma è il continuo tentativo di liberarsi da esso.

L’arte di Marini ci aiuta nel farlo fornendoci un alfabeto per il futuro “quando il futuro ti parla, è un lampo bianco. Che gli uomini con gli occhi aperti non riescono nemmeno a leggere, impegnati come sono a vedere solo con gli occhi”.

Sabino Maria Frassà

 

 

 

LA VISIONE E IL GESTO: A PROPOSITO DI LORENZO MARINI

Fra gli artisti contemporanei uno dei più versatili e sensibili alla immaginazione immaginosa noi crediamo sia Lorenzo Marini, in ragione della sua capacità di muoversi tra mano e cervello, senza che la tensione necessaria a mantenere entrambi nel gioco dell’arte venga meno.  Nella sua opera, che abbraccia ormai quattro decenni di attività, si lasciano riconoscere almeno quattro segmenti, cui l’artista ha dato titoli come Space Visual, Advisual, Typevisual o Alphatype. In ciascuno di essi Marini mette in discussione un aspetto della cultura grafica e concettuale, scegliendo un luogo differente. Le opere raccolte come ‘Space Visual’ sono frammenti di una narrazione dello spazio invaso dal segno grafico o lasciato privo di tracce. In esse tutto accade come se la storia stessa del dipinto venisse in luce come la scrittura di un palinsesto visivo. In queste opere l’immagine mostra più istanti del tempo compositivo. E ciò accade non perché vi si narrino più eventi, ma perché il tempo è colto nel suo stesso narrare: non come tempo narrato, ma come tempo della narrazione.

La sezione di opere intitolata ‘Advisual’ presenta costellazioni di elementi, frammenti, offerti senza particelle connettive, in una costruzione che i linguisti direbbero paratattica. Cosa rappresentano? Come rappresentano? A prima vista, sembrerebbe di trovarsi dinanzi ad esemplari di action painting; ma è un’impressione forse fuorviante: Infatti, mentre in questa viene come condensato il movimento dell’artista (che resulterà iscritto nel dipinto, divenendo spartito della stessa esecuzione pittorica), nelle opere di Marini non viene catturato il gesto del pittore, ma il suo tempo. In altre parole, non è la muscolarità che “getta” il colore in pasto alla tela (come accade in Pollock), ma è l’intervallo tra una gettata e l’altra che trova modo di manifestarsi come un contrat-tempo o come un frattempo, per usare una espressione cara a Gilles Deleuze.

La fase più matura e forse più provocatrice della produzione recente di Marini è quella dedicata alla tipìa della scrittura a stampa, ai suoi caratteri, e raccolta nelle sezioni ‘Typevisual’ e ‘AlphaType’. Marini prende in esame le lettere e la loro cosmetica e ne fa una dissacrante, ma godibilissima critica. Il tipo di una lettera – il typos, ovvero il carattere tipografico – è un ente chiuso nella sua aseità: esso non rimanda a una cosa, a una immagine, ma può suscitare soltanto delle repliche. È quel che i linguisti chiamano type/token ratio, ossia rapporto tra tipo e repliche.  Di per sé il tipo non ha una storia. Né una autentica spazialità: non aspira a formare lo spazio. Il tipo è sempre aniconico, privo di figuratività. Si tratta quindi, per Marini, di convertire il tipo – di per sé aniconico, cioè privo delle proprietà di una raffigurazione – in una figura dotata di un campo di una denotazione o riferimento semantico. È questo il caso delle lettere che si trasformano in mappe di inesistenti territori; o delle lettere in cui il pointillismo cromatico fa letteralmente esplodere il tratto alfabetico, per rimandare il lettore ad altre possibili configurazioni degli stessi tratti.

Nella sezione ‘AlphaType’ questa critica dei marcatori alfabetici viene portata alle estreme conseguenze. Il discorso di Marini sembra muovere dalla pura evidenza delle immagini che danno forma ad un repertorio. Egli le raccoglie in opere che richiamano in tutta originalità le Pathosformeln di Aby Warburg, come le mani distese e intrecciate in Artabeth.
Le immagini così raccolte sembrano formare un atlante, che in ogni sua pagina disponga – senza ordine apparente – le lettere dipinte, facendone tessere di una rete di riferimenti aperta e, per ciò stesso, trasgressiva. Dovunque è finzione, fictio. Ogni pagina è una collezione, ma soprattutto una collazione (in senso filologico) di forme, ciascuna delle quali può essere considerata glossa di ogni altra. Un elenco o una lista, insomma, che non istituisce alcun tipo, ma che, semmai, decostruisce il type producendo i suoi tokens e al contempo privandoli della loro identità alfabetica o figurale. Le lettere, gli stilemi pittorici appaiono così privi del contesto che potrebbe giustificarli, come fossero messi in “stato citazionale”.

In questo lavoro sapiente sulla forma e sulla scrittura viene prima la mano? ovvero il cervello? A noi sembra che l’arte multiforme di Marini rimetta in gioco la palla, per sottomettere l’antico quesito ai nuovi problematici esiti della cultura informatica e alla sua serialità “memetica”. Né con Anassagora, dunque, né con Aristotele, ma forse con le inquietudini del cittadino nostro contemporaneo, consegnato a un pianeta che a ogni istante chiede di essere interpretato, senza che più si diano le certezze di una religione o di una mitologia. Questo uomo impaurito e però curioso a noi ricorda con inaudita dolcezza il Signor Palomar nato dalla mano e dal cervello di Italo Calvino

Marcello La Matina

GO-GO OBELISK. I GEROGLIFICI RITROVATI DI LORENZO MARINI

La nuova installazione di Lorenzo Marini a Macerata Go-go Obelisk colpisce per la riuscita sintesi di forma e contenuto. Strana storia quella degli obelischi “esportati” dall’egitto in tutto il Mondo sin dal tempo dei romani, che apprezzavano questa tipologia di monumento a tal punto che oggi gli obelischi a Roma sono più numerosi di quelli rimasti in Egitto. Gli obelischi nascono come simbolo e oggetto di culto in Egitto: erano considerati la pietrificazione di un raggio di sole e venivano pertanto collocati a coppie di fronte ai templi. Gli obelischi erano sempre, al pari dei nostri affreschi nelle chiese, arricchiti con geroglifici riguardanti le divinità e i rituali religiosi. Dopo millenni dalla loro comparsa (il più antico è datato 2340 a. C.) gli obelischi divennero simbolo di potere e celebrazione collocati in luoghi senza alcun nesso con quanto era raccontato dai geroglifici scolpiti su di essi.

Lorenzo Marini con la sua proverbiale sottile e acuta ironia reinterpreta e attualizza la forma monumentale dell’obelisco in un’installazione realizzata nella città di Macerata grazie alla collaborazione con Guzzini. Nulla è lasciato al caso: dalle dimensioni ridotte e antropomorfe che richiamano alla sagoma umana (siamo tutti obelischi), allo specchio in cui ci riflettiamo (la vanità è un elemento ricorrente nell’arte di Marini) alla continua sottile citazione alla cultura egizia, che appare però solo a una lettura più attenta. Go-go Obelisk richiama il senso di “libertà e movimento (letteralmente significa “libera/scatena l’obelisco” “vai-vai obelisco”) che permea la ricerca artistica di Marini degli ultimi anni. Si tratta di un’installazione costituita da un gruppo di 6 obelischi alti due metri, tutti specchianti e arricchiti dalle lettere liberate, stilema dell’artista. Le nuove lettere di Marini possono essere considerate del resto anche una sorta di evoluzione dei geroglifici: questi nuovi types, così come ama definirli l’artista, sono costruiti a partire da simboli e loghi legati alle lettere per vicinanza semantica o di forma. Il risultato è un impossibile nuovo alfabeto visivo di cui la grammatica e la sintassi devono essere ancora scoperte o inventate. In questo modo le lettere di Lorenzo Marini rielaborate in Go-go Obelisk raccontano e celebrano vizi e virtù della nostra società: il culto della forma, dell’esteriorità è in fondo la storia dell’umanità condannata a vivere in bilico tra essere e apparire. Su uno degli obelischi le lettere liberate vanno a formare un movimento a spirale, una sorta di percorso ascensionale. Evidente e irresistibile l’ironico richiamo filologico all’origine egiziana di questi monumenti: come i Faraoni (che firmavano sempre il “proprio” obelisco) Lorenzo Marini ci invita all’interno del suo tempio – oggi Palazzo Bonaccorsi di Macerata – per indicarci la strada per la libertà espressiva: specchiarsi nel bello e non prendersi troppo sul serio.

Go-go Obelisk… Libera, scatena l’obelisco, libera te stesso.

Sabino Maria Frassà

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